Ieri sera, prima di uscire dalla redazione, ho dato un’occhiata al blog di Cathy Horyn, fashion editor del New York Times. Una giornalista fantastica, che in Italia nel febbraio scorso è diventata "famosa" perché Giorgio Armani non l’ha fatta entrare alla sfilata Emporio. Motivo? Lei aveva osato criticare la sfilata della prima linea dello stilista. Le giornaliste italiane ne hanno fatto un caso, parlandone come di un attentato alla libertà di stampa. Cathy, sul suo blog, ha raccontato l’episodio con grande leggerezza, chiedendosi non come mai Armani l’avesse lasciata fuori dalla sfilata Emporio ("è un suo diritto", ha scritto), ma il perché di tanto chiasso da parte delle sue colleghe italiane. Dunque questa è Cathy Horyn. Scrive quello che pensa e se ne assume ogni responsabilità, porte in faccia comprese.
Ieri sera sul suo blog c’era un post dedicato alla morte di Ferré. Dopo averne parlato come di un grande innovatore Cathy sottolinea una coincidenza: dieci anni fa (il 15 luglio 1997) moriva Gianni Versace. Oggi è toccato a Gianfranco Ferré. Passato il cordoglio, dice la giornalista, forse bisogna chiedersi: la moda italiana è ancora oggi identificata con Armani, Valentino e, appunto, Versace e Ferré. I primi due, lunga vita a loro, sono ancora in attività. Gli altri due non ci sono più. Ma dove sono i nuovi talenti? Cathy non ha la risposta, ovviamente. Però la domanda è interessante (e inquietante). E un giornalista dovrebbe soprattutto saper fare questo, credo: porre domande. Dunque vi chiedo: perchè la moda italiana non ha saputo esprimere una nuova generazione di stilisti, al contrario di quello che è successo altrove? O ci sono ma non si vedono?