Ieri sera ho fatto un salto all'inaugurazione che il Museo Salvatore Ferragamo di Firenze ha dedicato a Marylin Monroe. Foto, filmati, abiti e scarpe (c'è tempo da oggi al gennaio 2013 per visitarla).
Scriveva Pasolini nel 1962: "La tua bellezza sopravvissuta dal mondo antico,
richiesta dal mondo futuro, posseduta
dal mondo presente, divenne così un male."
Poi sono uscita dal Museo – affollattisimo – e sono andata a cercare qualcosa da mangiare. Saranno state le 22 circa. E ho avuto un altro segnale di come la città sia affollata, di turisti, come sempre, ma anche di persone arrivate per Pitti. Stanche dalla giornata di lavoro, certo, ma anche desiderose di godersi questa incredibile città. Sembra un peccato più che altrove stare in albergo. C'è bellezza tutto intorno e le strade intorno al Museo Ferragamo (proprio all'imbocco di via Tornabuoni, una delle principali strade dello shopping di lusso fiorentino) sono affollattisime.
Proprio come ristoranti e trattorie. C'è la coda davanti a tutti. Ma le persone – anche se credo affamate – ne approfittano per chiacchierare, non sembrano snervate dall'attesa. Si godono il momento. Io però sono sola e decisamente bisognosa di rifocillarmi. Così ieri sera mi sono infilata in un rumorosissima bar che serviva aperitivi (pardon, drinks) per dieci euro, ma che davano diritto a un lauto buffet. Con due drinks da dieci euro (due Coca-Cola light per la precisione) ho mangiato prelibatezze che i bar di Milano – nella mia pur scarsa esperienza di aperitivi serali – si sognano. Dopo venti minuti però ho dovuto scappare. le cameriere cominciavano a gaurdarmi un po' male, piazzata com'ero davanti al buffet col mio piattino di plastica ad assaggiare tutto (in quantità).
La città ora si sta svegliando, tempo di fare colazione, fare doccia e lavare i capelli e sarà ora di cammninare verso la Fortezza da Basso per fare un bel giro tra gli stand di Pitti Immagine. Farà caldo, ma tutto il resto, in fondo, mi sorride. O mi sforzo di pensare che sia così. Marylin ci, o almeno mi, ha insegnato, che la felicità sfugge sempre. ma che forse a volte siamo noi a farla scappare.