Sono a New York solo per due giorni, stasera ci sarà la consegna dei premi del concorso "Prada Journal", organizzato da Prada e Luxottica con Feltrinelli, che hanno invitato aspiranti scrittori di tutto il mondo a mandare un racconto che rispondesse a questa domanda "Quali realtà ci restituiscono i nostri occhi? E come vengono filtrate queste realtà attraverso le lenti?". In meno di cinque mesi sono arrivati quasi 1.500 racconti e stasera, nel mitico negozio Prada di Broadway, l'Epicenter disegnato da Rem Koolhaas ci sarà un reading dei cinque racconti vincitori al quale parteciperà anche Jay McInerney (e mi sto già sentendo male… è un mio mito dai tempi de Le mille luci di New York). Ma questo è solo per incuriosirvi, leggerete il mio racconto della serata su Moda24 di venerdì, se vorrete. Intanto vi dico alcune delle realtà di New York che mi hanno restituito i miei occhi nelle prime ore qui a Manhattan.
Sono arrivata ieri nel primo pomeriggio e appena lasciata la valigia in albergo ho deciso di uscire e andare uptown, anche perché la temperatura era piacevolissima. L'hotel dove siamo è il Gramercy Park, proprio all'inizio della Lexington, all'altezza quindi della 21esima strada. Ho camminato quasi fino a Central Park, per dare un'occhiata a Uniqlo e per vedere se su Fifth Avenue, rispetto a luglio, quando ero qui per un evento Max Mara, c'erano stati grandi (o piccoli) cambiamenti. Per prima cosa, ovviamente, ho mangiato un "salted bretzel", seguito da un ottimo pompelmo della Florida (da noi arriveranno, spero, a breve, sono i pomplemi più buoni!)
E' impossibile, credo, rimanere indifferenti al fascino di New York. Gotham City, la chiamano alcuni. Ma quando c'è il sole la città non ha proprio niente della cupezza del luogo dove vive e combatte Bat Man. Gli edifici fanno "solo" da contorno a un brulichio di esseri umani di tutti i colori, razze e culture. C'è vita ovunque ci si giri, nei suoi aspetti migliori e in quelli peggiori (appena fa sera e le strade si svuotano un po' e alcuni negozi chiudono spuntano i tanti homeless, con i loro scatoloni e carrelli e fa sempre molto effetto).
Dopo il blitz da Uniqlo sono tornata (in metro!) al Gramercy e per strada ho preso un cheeseburger in un posto nuovo sulla Lexington dove ordini, paghi e poi ti mettono in mano un "buzzer" che si illumina quando il tuo ordine è pronto, perché ogni hamburger viene fatto al momento, quasi su misura. Una sorta di "fast food su misura", una specie di evoluzione di McDonalds (era buonissimo, oggi ci torno, garantito).
Sono tornata in stanza e sono crollata, così alle 4 ero sveglissima. Niente servizio in camera a quell'ora, perciò sono uscita. Sono entrata in un supermercato aperto 24 ore su 24 (che comodità) e poi in un SevenEleven, una catena che una volta si chiamava così perché tutti i negozi erano aperti dalle sette alle undici, appunto, ma che da un po' di anni sono aperti "24/7" (24 ore al giorno, 7 giorni alla settimana).
Ora, ben rifocillata e dopo aver sfogato le mie voglie di scrittura, andrò a riposare un paio d'ore. Domani è il giorno del reading… can't wait. Ma prima avrò qualche ora per fare altre piccole esplorazioni e vi racconterò. Sono molto vicina all'Eataly di Flatiron e ci andrò. Mi hanno detto che una delle cose di cui si parla molto a New York in questi mesi sono le "visite guidate" (con pranzo o cena inclusi) al tempio del buon cibo italiano. Lunga vita a Oscar Farinetti.