Sabato e domenica ho cercato di appofittare della vitalità della città nei giorni del Salone del mobile per vedere cose nuove, farmi contagiare dalla creatività delle aziende del design e di tutti coloro che hanno lavorato con entusiasmo alla settimana più bella dell’anno, qui a Milano. Per non parlare della piacevolezza del clima: soleggiato ma non troppo, caldo ma non afoso. Condizioni ideali per girare Milano a piedi o in bici o con i mezzi pubblici, guardando facce “forestiere”, ascoltando brandelli di conversazioni in tante lingue diverse e assorbendo per osmosi un’energia che, spero, mi serva nei prossimi mesi. Amo l’arrivo della primavera, ma sono anche sembra presa da una strana debolezza, in aprile (aprile, dolce dormire…). Il Salone è come un ricostituente per la mente e il fisico.
Domenica altro piccolo grande tour della città. Prima sosta sempre da Eataly, per far vedere il luogo a due amici di Vercelli molto incuriositi. Ho comprato la focaccia dolce e notato una cosa sorprendente: al banco del pane fanno la tara del sacchetto prima di metterci la focaccia… se penso che in alcuni posti non fanno neppure quella del vassoio… la mia tara era di 0,008 grammi. Tutto trasparente, una bellissima sorpresa, l’ennesima, da Eataly. Poi abbiamo fatto un giro di Brera, vedendo l’allestimento dei designer svedesi alla Pelota, le spettacolari cucine di Boffi (primo obiettivo della mia lista di desideri quando vincerò la lotteria…), i cortili nascosti di via Palermo e soprattutto l’Orto botanico, dove ci siamo seduti sui divani Living e rischiato di fare la più piacevole pennicchella dell’anno…
Girando per Milano nei giorni del Salone non si compra ossessivamente. Semmai si mangia, si assaggia e si beve un po’ (in moltissimi posti ci sono cocktail serali o pre-serali). Questo per dire che NON è un evento commerciale nel senso stretto del termine. Si cammina, si osserva, ci si fa stimolare e soprendere, come dicevo all’inizio. Sono suggestioni, quasi sempre positive, per la mente, non stimoli per aprire il portafoglio. E credo sia impossibile non riconciliarsi – nel caso qualcuno, come me, ogni tanto abbia dei dubbi, sulle potenzialità di Milano – con la città e le sue infinite risorse creative e di accoglienza e aggregazione. Questo per dire che quando si dice che la moda dovrebbe copiare il Salone, “aprirsi” alla città, si dice una cosa giusta, ma bisogna anche capire come farlo. Non sono una fan, ad esempio, di stimoli allo shopping selvaggio come la Vouge Fashion Night Out. Ben vengano gli eventi commerciali, sono la prima che, se stimolata, anche solo minimamente, si fa prendere dalla voglia di fare un acquisto e/o togliersi uno sfizio, magari comprando un oggetto in edizione limitata ecc. Ma il Salone e il Fuorisalone sono un’altra cosa e richiedono ben altro sforzo che prolungare gli orari di apertura e far venire una celeb piccola o grande a servire lo champagne o a firmare autografi. Sono sicura però che si potrebbero trovare modi per coinvolgere gli stilisti e/o mettere in vetrina i loro saperi, come fanno i designer nei giorni del Salone. Lvmh ha fatto qualcosa di simile con l’iniziativa Le Journées Particulières.
Non so se lo rifaranno quest’anno: nel 2012 e 2013 il gruppo ha aperto le porte di oltre 40 aziende/atelier/musei al pubblico sparsi per tutta Europa: visite guidate a luoghi segreti, che hanno avuto molto successo. Servono formule simili, secondo me, e Milano potrebbe trovarle. Pensare di far entrare tutti alle sfilate, invece, è impossibile. Ma si potrebbero allestire più grandi schermi, appurato che la curiosità per vederle c’è. In Rinascente per l’ultima tornata delle collezioni da donna l’hanno fatto e spero che lo rifacciano.