Se darete un’occhiata alla gallery allegata al pezzo, capirete di cosa parla Angelo (nella foto accanto, una delle creazioni viste alla sfilata dell’Its). Sono migliaia le domande di partecipazione all’Its arrivate da ogni parte del mondo e credo sia una cosa molto positiva: la creatività continua a germogliare, sbaglia chi pensa che la moda corra il rischio di non sapersi rinnovare. Mi conforta, in generale, sapere quanti giovani coltivino il sogno di diventare stilisti o comunque di lavorare in un ufficio stile. Mostrano coraggio, un pizzico di spavalderia e, spero per loro, fiducia nelle loro capacità e in loro stessi.
C’è qualcosa di misterioso, nella vocazione. Temo che nel nostro Paese molte vocazioni vengano soffocate in origine, in primis dalla sottocultura della raccomandazione che non riesce a frenare genitori più o meno illustri dal volere che i figli seguano le loro impronte, magari con una scorciatoia. Ma c’è anche – aldilà delle storture italiane – la difficoltà oggettiva di capire “cosa si vuole fare da grandi”, un tema che negli anni ho un po’ approfondito. Il ruolo dei genitori nell’aiutare i figli a scoprire le rispettive voacazioni e talenti è sicuramente cruciale. Io non ho figli ma tre nipoti. Ancora molto piccoli (10, 8 e 1 anno), ma forse un giorno potrò dare un piccolo contributo.
Terrò da parte per quel momento un libro che ho sfogliato tra ieri e oggi e che mi ripropongo di leggere con maggior attenzione nei prossimi giorni. Si chiama Volevo fare l’astronauta. Guida alla ricerca della vocazione lavorativa (e non). L’ha appena pubblicato Franco Angeli e l’hanno scritto Gian Maria Bianchi (docente di intelligenza emotiva e business alla Liuc e fondatore di Open Human Solutions, una società di formazione e di coaching sul tema della relazione con se stessi e con gli altri) e Virginio Schiavetti, personaggio tra i più eclettici che io abbia mai incontrato (è lui che mi ha mandato il libro). Virginio ha fatto il Des, il più intelligente corso di laurea che la Bocconi abbia mai concepito e che ora non esiste più (Des stava per Discipline economiche e sociali), poi ha lavorato come giornalista, anche per Il Sole 24 Ore, e ora ha tanti progetti in corso, uno dei quali è il libro con Bianchi. Ma potrebbe fare qualsiasi lavoro “umanistico”, Virginio. Potrebbe insegnare, tornare a studiare (anche studiare è un lavoro!), scrivere libri, progettare siti, dirigere festival culturali. Ma potrebbe anche, per assurdo, fare il giardiniere o il dog sitter o il libraio. Dà il meglio di sé nel rapporto con gli altri, perché non dà niente per scontato e perché riflette – ma con leggerezza – su ogni cosa che gli capita o vede capitare intorno a sé. Torniamoperò al libro. Ha un taglio pratico (molte le interviste) e teorico allo stesso tempo. Fa riflettere sulle peculiarità del mercato del lavoro italiano ma anche sul tema di come capire cosa si vuole fare. Tocca temi difficili, come i compromessi tra lavoro ideale e soddisfazioni economiche, come l’immagine di noi che vogliamo dare a chi ci circonda, lo “status” che vogliamo occupare nella società. Passando per la questione dei rimpianti, dell’impressione di aver perso treni che non passeranno più. Ma ci sono anche storie di chi ha preso altri treni, passati quando meno se lo aspettava. O quando si crede che non valga più pensare a treni da prendere. Un bel libro, che consiglio a tutti.
Perché a volte questo è il problema, credo (ne parla molto anche il libro che ho appena citato): conciliare i piccoli grandi sogni di gioventù o magari dell’adolescenza, con il desiderio di affermarsi socialmente o economicamente. Ma quali sono gli obiettivi che ci poniamo, qual è la nostra idea di “appagamento sociale” e/o economico? Questa crisi economica (intendo la spirale depressiva iniziata con il crack Lehman Brothers del novembre 2008) ha indotto o costretto molte persone a trovare un nuovo lavoro, riorganizzare la propria vita, rivedere i propri standard. Però la cosa più bella che ho visto succedere e sentito raccontare è che molte persone hanno riscoperto i propri sogni, accantonati per troppi anni. Non voglio sminuire le difficoltà di moltissime persone che hanno perso il lavoro o lo perderanno o comunque lo vedono sempre meno certo. Ma forse il vantaggio di essere messi all’angolo dalla vita, per dirla così, è che ti guardi dentro e scopri cose (belle) che avevi dimenticato. Io ho smesso di sognare tanti, troppi, anni fa. Forse anche per me è arrivato il momento di ricominciare a farlo.